- 13/12/2021
Amministratore condominiale e obbligo recupero crediti
L'obbligo dell'Amministratore del Condominio di recuperare i crediti nei confronti dei condomini morosi. Una recente pronuncia sul tema del Tribunale di Roma.
La Riforma in materia di Diritto del Condominio (Legge n.220/2012) ha espressamente previsto e disciplinato, all'art. 1129, comma 9, c.c., l'obbligo dell'amministratore di procedere al recupero delle quote non versate dai condomini entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio in cui sono maturate, salvo che vi sia stato un apposito esonero da parte dell'assemblea.
Tale preciso dovere risulta funzionale in relazione al corretto svolgimento della gestione del condominio e nel contempo è idoneo a garantire l'erogazione dei servizi nonché la manutenzione e conservazione delle parti comuni.
Sul tema in questione e, in particolare, sulle conseguenze dell'inadempimento dell'amministratore al richiamato obbligo, è intervenuto recentemente il Tribunale di Roma (sentenza 16 novembre 2021), con una pronuncia afferente all'azione di responsabilità, con contestuale richiesta di risarcimento danni, promossa da un condominio nei confronti dell'amministratore uscente.
La fattispecie in esame si origina in occasione del passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore; quest'ultimo aveva avuto modo di ravvisare la sussistenza di una grave situazione debitoria del condominio, derivante dal mancato versamento degli oneri da parte di alcuni condomini.
Ad avviso del condominio, detta situazione è da imputarsi alla mala gestio del già amministratore il quale non aveva promosso azioni verso i morosi, contestandosi dunque in capo all'ex amministratore l'assenza della diligenza nello svolgimento del suo ruolo e mandato, di cui all'art. 1710 c.c., in considerazione sia della mancata riscossione e azione di recupero contro i condomini inadempienti.
In punto di diritto è opportuno sottolineare come tra i compiti dell'amministratore, qualora emerga una o più morosità nel versamento dei contributi dovuti dai singoli, vi è quello di formulare, preventivamente, un atto di intimazione di pagamento o messa in mora, al condomino con diffida ad adempiere entro un termine determinato (di consueto quindici giorni).
Nel caso, in cui la diffida non sortisca gli effetti sperati, l’art. 1129, comma 9, C.c. impone all'amministratore ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, se non vi è stata dispensa dall'assemblea.
Al contempo, non possiamo dimenticare altra disposizione, che si pone nel medesimo contesto, sancita all'art. 63 disp. att. c.c., la quale prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi».
In materia di spese condominiali, infatti, la richiamata norma ribadisce e rafforza il potere/dovere dell'amministratore di agire in via monitoria, in autonomia e, per l'effetto, senza necessità di una delibera, verso il condomino moroso ove ricorra il presupposto necessario, ovvero l'intervenuta approvazione della spesa da parte della assemblea.
Preso atto della normativa vigente, come esposta al paragrafo che precede, è indubbio che al fine di ottenere il risarcimento del danno imputabile al dedotto contegno negligente dell'amministratore, il condominio ha l'onere di provare il nesso di causa tra questa ed il pregiudizio che si assume realizzato; nella vicenda oggetto della pronuncia del Tribunale di Roma, la prova è stata raggiunta parzialmente, o meglio, solo per alcune situazioni di insolvenza.
In particolare, il Giudicante ha riconosciuto e dichiarato la responsabilità dell'amministratore per non aver reperito le doverose informazioni sull'identità dei condomini morosi o per aver omesso la doverosa azione oltre il termine prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2948, comma 4, c.c.
Per quanto interessa la prima ipotesi, occorre rammentare che la cura del registro di anagrafe condominiale è un espresso dovere dell'amministratore sancito all'art. 1130, comma I, n. 6 c.c. ove quest'ultimo è tenuto a riportare e, successivamente, ad aggiornare "[...] le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio".
Questo obbligo rappresenta un adempimento fondamentale in quanto la predisposizione, la custodia e la verifica di detto registro grava sull'amministratore, ivi compresa l'indagine di ogni evento da cui ne derivi la necessità di revisione.
Per tale ragione, ove un condomino ometta detta informativa l'amministratore ha ampio potere di sollecitare l'invio della medesima e, in caso di reticenza o incompletezza dei dati forniti, decorsi trenta (30) giorni, poterli reperire imputando i costi per tale attività allo stesso.
Per completezza, è confacente rammentare che la prescrizione quinquennale decorre dalla approvazione del rendiconto e dello stato di ripartizione per cui, in assenza di atto interruttivo, quale una diffida ad adempiere, la medesima si compie non potendo assumersi un riconoscimento di debito nella mancata impugnazione della delibera di approvazione.
Alla luce di dette considerazioni, il Tribunale ha, dunque, accolto la domanda del condominio laddove l'inerzia e la negligenza dell'amministratore hanno comportato l'inesigibilità dei crediti condominiali o, comunque e diversamente, l'addebito di spese e competenze legali inutili per errore sulla identificazione del soggetto onerato.