Vademecum sulle sanzioni o ipotesi di reato configurabili da violazione delle restrizioni derivanti da COVID-19 - aggiornato
  • 26/03/2020

Vademecum sulle sanzioni o ipotesi di reato configurabili da violazione delle restrizioni derivanti da COVID-19 - aggiornato

Le violazioni alle limitazione di circolazione imposte per contrastare la diffusione del Coronavirus possono comportare una sanzione amministrativa elevata e nei casi più gravi ipotesi di reato. Vediamo nel dettaglio cosa può accadere.

CORONAVIRUS

LE NUOVE SANZIONI – AGGIORNATO AL 26 MARZO 2020 - Modulo autodichiarazione aggiornato al 04 maggio 2020 allegato

A cura dell’Avv. Paolo Rosati - Penalista

 Le recenti disposizioni governative, vigenti su tutto il territorio nazionale per contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, impongono tra l’altro la permanenza all’interno della propria abitazione salvo le seguenti eccezioni, da attestare su apposito (e aggiornato) modello di autodichiarazione predisposto dal Ministero dell’Interno:

- comprovate esigenze lavorative (solo per le attività consentite e tassativamente indicate)

- situazioni di necessità (per spostamenti all’interno dello stesso Comune)

- assoluta urgenza (per spostamenti in altro Comune)

- motivi di salute.

La violazione della suddetta misura, prevista nei tre D.P.C.M. dell’8, 9 e 22 marzo 2020, non integra più il reato di cui all’articolo 650 del codice penale bensì, come espressamente previsto dal recentissimo Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020, una sanzione amministrativa di un importo compreso tra i 400 e i 3.000 Euro.

Pertanto tutti coloro che sono stati denunciati per le violazioni accertate nel periodo 8 – 25 marzo 2020 non subiranno alcun procedimento penale in quanto non verrà iscritto nel registro delle notizie di reato oppure, se già iscritto, si procederà all’archiviazione per effetto della sopravvenuta depenalizzazione del fatto.

Per giunta, costoro, sono destinatari di un ulteriore beneficio: la sanzione amministrativa a loro riservata è pari alla metà del minimo edittale (quindi una “multa” di 200 euro, corrispondente all’ammenda che avrebbero dovuto pagare ai sensi dell’art. 650 c.p. applicabile al momento della violazione).

La nuova normativa prevede inoltre che, nel caso in cui la trasgressione sia commessa a bordo di un veicolo, la multa sarà aumentata fino ad un terzo, senza nessuna sanzione accessoria (il veicolo non viene sequestrato né sottoposto a fermo amministrativo).

E’ opportuno precisare che, secondo la legge, anche la bicicletta è qualificabile come veicolo e pertanto anche ai ciclisti, in caso di violazione, verrà applicato il predetto aumento.

In entrambe le ipotesi gli organi di polizia procederanno ad accertare la violazione mediante un verbale di contestazione (analogo a quello per le contravvenzioni al Codice della Strada) di cui ne verrà rilasciata copia al trasgressore e nel quale verrà indicato tra l’altro l’importo della sanzione, i termini e le modalità di pagamento, nonchè la possibilità di impugnare il verbale stesso.

Con riferimento all’importo della sanzione che verrà applicata in concreto, questa sarà pari al minimo, ovvero 400 euro, da pagare entro il termine di 60 giorni dalla contestazione, con possibilità di una riduzione del 30 per cento nel caso in cui il pagamento venga effettuato entro 5 giorni dalla contestazione (in tal caso il trasgressore pagherà “solo” 280 euro).

Tuttavia, nel caso di reiterazione della violazione, la sanzione sarà raddoppiata, passando così da 400 ad 800 euro (oltre l’eventuale aumento fino a un terzo, se commessa mediante l’utilizzo di un veicolo).

Quanto ai mezzi di impugnazione, la legge prevede un duplice, alternativo, strumento: il ricorso giurisdizionale al Giudice di Pace entro il termine di 30 giorni, oppure il ricorso al Prefetto entro il termine di giorni 60 dalla contestazione/notificazione.

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Costituisce invece reato la condotta di colui il quale violi il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora in quanto sottoposto alla misura della quarantena perché risultato positivo al virus.

La pena stabilita in questo caso è sia di natura detentiva che pecuniaria: è infatti previsto l’arresto da 3 a 18 mesi congiuntamente all’ammenda da 500 a 5.000 euro, senza la possibilità di estinguere il reato con l’oblazione.

Tale previsione normativa non si applica ai soggetti che siano sì sottoposti alla misura della quarantena (c.d. precauzionale) ma senza essere risultati positivi al Coronavirus; è il caso, ad esempio, di coloro che abbiano avuto stretti contatti con i contagiati.

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Continua a costituire reato l’ipotesi in cui sul modello di autodichiarazione, precompilato dall’utente oppure fornito dagli organi di polizia al momento del controllo, si attesti una circostanza che poi risulti essere non veritiera da ulteriori accertamenti.

Le ipotesi possono andare dalla falsa attestazione di trovarsi in una delle condizioni consentite, alla falsa dichiarazione di non essere risultato positivo al virus COVID-19 o di non essere sottoposto alla misura della quarantena, alla mendace indicazione del luogo di partenza e/o di destinazione.

Tali condotte sono sanzionate dall’articolo 483 del codice penale con la pena fino a 2 anni di reclusione e costituiscono reato procedibile d’ufficio.

All’uopo si precisa che la dichiarazione "di non essere risultato positivo al virus COVID-19", contenuta nell'autodichiarazione, si riferisce al soggetto che sia già risultato positivo al Coronavirus e quindi che abbia già effettuato il relativo test.

In nessuna sanzione, quindi, incorrerà il soggetto che sottoscriva tale dichiarazione senza avere, in quel momento, la consapevolezza di essere positivo anche se, successivamente al controllo, dovesse risultare affetto dal virus.

In tal caso, la dichiarazione resa agli organi di polizia al momento del controllo non integra il reato in questione, né la più grave ipotesi di cui all’art. 495 c.p., per carenza dell'elemento soggettivo (coscienza e volontà di dichiarare il falso).

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Rimane altresì invariata la situazione di chi, essendo risultato positivo al Coronavirus, violando le prescrizioni delle Autorità contagi seppur involontariamente altre persone.

Il reato configurabile in questi casi è contemplato nell’articolo 452 del codice penale (colposa diffusione di epidemia) che prevede una pena da 1 fino a 5 anni di reclusione che si estendono fino a 12 qualora ne derivi la morte di più persone.

Si rappresenta che, nel caso in cui venisse ipotizzato un reato, l’assistenza tecnica di un Avvocato si rende obbligatoria per legge.

A prescindere dalle conseguenze sanzionatorie dei singoli comportamenti, lo Studio Legale raccomanda a tutti gli utenti di continuare ad attenersi scrupolosamente alle prescrizioni in vigore e alle ulteriori disposizioni che saranno adottate, PER IL BENE E LA SALUTE DI TUTTI NOI. 

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