
- 23/12/2020
Covid: il falso nell'autocertificazione non è sempre reato
Una pronuncia del Tribunale di Milano ha precisato che in relazione all'autocertificazione per gli spostamenti come prevista dalla normativa Covid non sempre una dichiarazione falsa costituisce ipotesi di reato
COVID: IL FALSO NELL’AUTOCERTIFICAZIONE NON SEMPRE E’ REATO.
A cura dell'Avv. Paolo Rosati
Tribunale di Milano – G.I.P., Sentenza n. 1940 del 16 novembre 2020
Con una recente pronuncia il G.I.P. di Milano ha affrontato il tema relativo alla configurabilità o meno del reato di falso (art. 483 cod. pen.) derivante dalle dichiarazioni rese alle forze dell’ordine, mediante compilazione della c.d. autocertificazione, come previsto dalla “normativa Covid”.
Nello specifico, ci si è soffermati sulle attestazioni circa le intenzioni di recarsi in un determinato luogo o di svolgere una determinata attività.
Oggetto di valutazione è stato, in particolare, la condotta di un soggetto accusato di aver riferito ai Carabinieri una circostanza (ossia il fatto che lo stesso si stava recando presso un collega per ritirare dei pezzi di ricambio) poi rivelatasi non vera a seguito di accertamenti svolti dai militari.
Il Giudice ha ritenuto che, sebbene non vi siano dubbi circa il fatto che l’intenzione dichiarata dall’imputato nel modulo di autocertificazione non abbia trovato riscontro nei successivi accertamenti, va tuttavia escluso che tale falsità integri gli estremi del delitto di falso, in quanto l’art. 483 c.p. incrimina esclusivamente il privato che attesti al pubblico ufficiale “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.
Infatti, è ormai assodato il concetto che sono estranei all’ambito di applicazione dell’art. 483 c.p. le dichiarazioni che non riguardino “fatti” di cui può essere attestata la verità hic et nunc ma che si rivelino mere manifestazioni di volontà, intenzioni o propositi.
Ne discende che mentre l’affermazione nel modulo di autocertificazione da parte del privato di una situazione passata (come ad esempio la dichiarazione di essersi recato in ospedale ovvero al supermercato) potrà integrare gli estremi dell’illecito in questione, la semplice attestazione della propria intenzione di recarsi in un determinato luogo o di svolgere una certa attività non può essere ricompresa nell’ambito applicativo della norma penale, non rientrando nel novero dei “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.
Ne consegue, per le ragioni appena espresse, che la dichiarazione di una mera intenzione nell’ambito di un modulo di autocertificazione non può rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 483 del codice penale, limitato ai soli “fatti” già occorsi.
Non configurandosi il reato di falso, l’imputato veniva quindi assolto perché il fatto non sussiste.