Quando un condominio deve eseguire lavori urgenti o programmati sulle facciate o sulle coperture, capita spesso che l’unica soluzione tecnica imponga di occupare temporaneamente uno spazio di proprietà esclusiva — per esempio una terrazza privata — con un ponteggio mobile (navicella) o con un’area di cantiere. In questi casi, il proprietario non può opporsi se l’accesso è necessario e proporzionato allo scopo, ma ha diritto a un’indennità per la perdita dell’uso del bene per tutto il periodo dell’occupazione. È esattamente il principio ribadito dal Tribunale di Roma, sentenza 7 ottobre 2025 n. 13720, che ha condannato il condominio a pagare l’indennizzo per l’occupazione di una terrazza privata protrattasi per l’intera durata dei lavori (un anno), parametrando la somma al valore locativo mensile del bene (euro 139,13/mese, per un totale di euro 1.669,56).
La decisione applica l’art. 843 c.c. (accesso al fondo) e conferma che, quando l’accesso cagiona un danno — qui inteso come perdita della facoltà di godimento — è dovuta un’adeguata compensazione, liquidabile anche equitativamente. Il punto non è “quanto il proprietario abbia effettivamente usato la terrazza”, ma la lesione della possibilità giuridica e materiale di usarla, che costituisce di per sé pregiudizio indennizzabile.
La cornice normativa è chiara: l’art. 843 c.c. impone al proprietario di consentire l’accesso e l’occupazione momentanea del fondo quando ciò sia necessario per costruire o riparare un’opera propria del vicino o comune; al secondo comma, la norma prevede espressamente un’indennità se l’accesso produce un danno. In ambito condominiale, questo significa che il singolo deve tollerare l’installazione e il transito funzionali alla manutenzione della parte comune, ma ha diritto a essere compensato per il sacrificio subìto.
La Cassazione civile (sez. II, 16 dicembre 2024, n. 32707) ha puntualizzato che l’obbligazione indennitaria ex art. 843 c.c. ha natura propter rem e che la liquidazione può avvenire in via equitativa, potendo il danno consistere anche nella mera preclusione dell’uso potenziale del bene durante l’occupazione. Questo orientamento si salda con la ratio della norma: bilanciare l’interesse collettivo alla manutenzione delle parti comuni con la tutela piena e concreta del diritto di proprietà esclusiva.
Nella vicenda romana, inoltre, il giudice ha chiarito profili spesso controversi nella prassi di cantiere. Gli attori lamentavano accessi non preavvisati, rimozione di pavimentazioni, adibizione dell’area a deposito e l’installazione non autorizzata di una “navicella” mobile sulla terrazza.
La consulenza tecnica d’ufficio ha però evidenziato che il passaggio da ponteggio fisso a sistema mobile era imposto da esigenze di sicurezza statica (il solaio dell’autorimessa sottostante non sopportava i carichi del ponteggio fisso senza verifiche e puntellamenti, con aggravio di tempi e disagi). La direzione lavori ha quindi autorizzato la soluzione alternativa, informando l’amministratore-committente. Il Tribunale ha escluso responsabilità contrattuali di impresa e direttore dei lavori, ma ha riconosciuto, a carico del condominio, l’indennità per l’occupazione della terrazza privata sull’intero arco temporale dei lavori, parametrata al valore locativo e non già a un “forfait” astratto. È una scelta metodologica importante per gli operatori: il valore locativo è criterio oggettivo, ancorato al mercato e capace di tradurre in moneta il sacrificio di godimento del proprietario.
Il principio di diritto che emerge, utile per amministratori, avvocati e tecnici, è duplice. Da un lato, il condominio può legittimamente richiedere l’uso temporaneo di spazi privati se la necessità è provata (principio di necessarietà e proporzionalità dell’accesso). Dall’altro, l’indennità è dovuta anche senza prova di specifici danni materiali (graffi, rotture, infiltrazioni), perché il “danno da occupazione” si identifica nella perdita della funzione d’uso del bene e, come tale, è presunto una volta accertata la compressione del godimento.
La liquidazione, in mancanza di parametri contrattuali, può avvalersi del valore locativo del bene occupato, per l’intero periodo di indisponibilità. Si tratta di un’applicazione coerente con l’impostazione della Cassazione che qualifica l’indennità ex art. 843 c.c. come forma di riequilibrio necessario e non come risarcimento punitivo, con margine al giudice di ricorrere a criteri equitativi purché ragionevoli e verificabili.
Operativamente, per evitare contenziosi e tutelare entrambe le parti, conviene che l’amministratore deliberi e comunichi per tempo le modalità di accesso e di occupazione, delimiti l’area di cantiere, preveda una durata stimata e, se possibile, concordi un criterio di indennizzo (ad esempio proprio il valore locativo mensile della porzione occupata) da liquidare al termine dei lavori, salvo conguaglio.
Laddove emergano esigenze tecniche sopravvenute (come il passaggio da ponteggio fisso a mobile per ragioni statiche), è utile formalizzare le scelte in un verbale di direzione lavori e in una comunicazione al proprietario interessato, così da dimostrare la necessarietà e la proporzionalità delle misure adottate. In ogni caso, la giurisprudenza più recente conferma che la tutela del proprietario è concreta: l’uso coattivo del bene privato per lavori comuni richiede un ristoro economico commisurato alla privazione del godimento, liquidabile anche in via equitativa e spesso ancorato a criteri di mercato oggettivi.
Se ti trovi in una situazione simile — terrazza privata occupata da ponteggi o piattaforme mobili per lavori condominiali — possiamo aiutarti a far valere il diritto all’indennità ex art. 843 c.c., a impostare correttamente le prove (perizia e documentazione fotografica), a dialogare con l’amministratore e, se serve, a promuovere le azioni necessarie. Contattaci per una valutazione rapida del caso e per una strategia su misura.